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FARA  in SABINA

Benvenuti a  Fara in Sabina

L'area del comune fu popolata già in epoca preistorica (sono stati rinvenuti resti del Paleolitico medio e dell'età del bronzo medio, recente e finale).Di fronte il colle di Fara sorge l’altura di Monte San Martino, abitata in epoca protostorica da un esteso ed articolato insediamento risalente all’età del Bronzo finale (la maggior parte del materiale è venuto alla luce presso le pendici orientali del monte, in località Quattro Venti). Le ricerche hanno evidenziato la presenza di alcune opere di terrazzamento con recinti di mura realizzati in pietrame a secco, di cui si ipotizzò in alcuni casi una datazione ad epoca protostorica. È stato possibile ricostruire l’andamento di almeno tre cinte murarie, irregolarmente ellissoidali, che seguivano le curve di livello[4]. Oggi questo abitato protostorico è stato identificato con Mefula,[5], antica città degli Aborigeni (mitologia), che secondo Dionigi di Alicarnasso sorgeva ad appena 5 km di distanza da Suna (Toffia)[6]. Dionigi riferisce inoltre della presenza di mura, unico caso a riguardo del popolo aborigeno, un dato che trova conferma dall’effettiva presenza sul monte di murature a secco attribuibili ad epoca protostorica (peraltro rare in questo periodo). L’insediamento aborigeno di Mefula scompare già durante la prima età del Ferro (forse in relazione alla contemporanea nascita dei centri sabini in pianura, come la vicina Cures).

Tra il IX secolo a.C. e il VI secolo a.C. nella località di Santa Maria in Arci si era stabilito un insediamento sabino, identificato con la città di Cures, che continuò a vivere in età romana (resti di terme e di un piccolo teatro e necropoli). Il territorio era sfruttato dal punto di vista agricolo con una fitta rete di ville, costruite su terrazzamenti in opera poligonale nel II secolo a.C. e in opera quasi reticolata nel I secolo a.C. ("villa di Grotte di Torri" e ancora di Fonteluna, di Mirteto, di Cagnani e di San Lorenzo a Canneto, di Sant'Andrea e di San Pietro presso Borgo Salario, di Grottaglie, di Piano San Giovanni, di Grotta Scura, di Monte San Martino, di Fonte Vecchia).  Le origini dell'attuale abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, alla fine del VI secolo, come sembra indicare il toponimo, derivante dal termine longobardo fara, con il significato di "clan familiare"; oppure alla devozione sempre longobarda a Santa Fara. Il castello è attestato dal 1006 e dal 1050 fu sotto il controllo dell'abbazia di Farfa. Fu quindi feudo degli Orsini. Dal 1400 è divenuto sede dell'abate commendatario di Farfa e si sono succedute le varie famiglie proprio a partire dagli Orsini fino alla famiglia Barberini, con il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, che nel 1678 ha fondato, con sede nell'antico castello, il monastero delle Clarisse Eremite. Nel 1867 fu toccata con la frazione di Coltodino dalla Campagna garibaldina dell'Agro Romano per la liberazione di Roma. Giuseppe Garibaldi dopo la sconfitta di Mentana raggiunse con i suoi Volontari la stazione ferroviaria di Passo Corese in comune di Fara dove partì in direzione del nord. Sempre da Fara sulla riva del Tevere partì con alcune barche la sfortunata spedizione dei Fratelli Cairoli conclusa tragicamente a Villa Glori. Testimonianze della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma (1867) sono conservate nel Museo nazionale di Mentana. Il 10 dicembre 1920 la frazione di Canneto Sabino fu teatro di un eccidio, il più cruento, quanto a numero di morti del cosiddetto Biennio rosso. Durante una manifestazione organizzata dai braccianti nel tentativo di ottenere migliori condizioni di lavoro un gruppo di Carabinieri ne uccise 11 in località Colle San Lorenzo.

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LUOGHI D'INTERESSE

Abbazia abbazia di Farfa | Collegiata di Sant'Antonio | Chiesa di San Giacomo  | Chiesa di Santa Chiara | Monastero Clarisse Eremite

Palazzo Orsini | Palazzo Farnese | Palazzo Foschi, poi Manfredi | Palazzo Castellani, poi Brancaleoni, oggi sede del Museo civico 

Castelnuovo di  Farfa panorama, Deposito del grano e monte di pietà  oggi sede della Biblioteca comunale Cisterna di piazza del Duomo

Riserva naturale di NazzanoTevere-Farfa , Resti della città preromana di Cures Sabini Ruderi di San Martino

CASTIGLIONE  DELLA PESCAIA

Benvenuti a Castiglione della Pescaia 

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LUOGHI D'INTERESSE

Abbazia di Montecassino | Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Benedetto Abate Parco archeologico Casinum | Mausoleo di Ummidia Quadratilla

 

Rocca Janula | Cimitero del Commonwealth | Cimitero polacco, Palazzo Barone De Rosa | Edificio INA-Casa | Facoltà di Economia e Giurisprudenza

 

Parco Naturale dei Monti Aurunci | Villa Comunale | Parco Baden Powell  ,Terme Varroniane  Monumento ad Enrico Toti | Statua di San

 

Benedetto | Campana della Pace

SUBIACO 

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Benvenuti a Subiaco

Subiaco ,Il territorio è vario con aree montuose ed aree in pianura. Viene attraversato dall'Aniene e interessa alcune vette dei Monti Simbruini (monte Calvo, 1.591 m e monte Livata, 1.429 m). Comprende un vasto bosco di faggi su un altopiano che si sviluppa su un'area di 3000 ettari compreso nel parco naturale regionale Monti Simbruini.  Sono stati identificati resti della residenza dell'imperatore Nerone, attorno alla quale si sviluppò il centro, costituita da un complesso di edifici a diverso livello in posizione elevata sulla riva destra dell'Aniene, presso una serie di laghi artificiali; è stato messo in luce un cospicuo nucleo a due piani con grande nicchia absidata e vasti ambienti comunicanti.  Un ponte-diga di notevoli dimensioni, che collegava le due sponde e serviva da sbarramento per le acque, detto pons marmoreus, è oggi interamente scomparso; restano solo tracce delle fondazioni.  Nella villa, di appartenenza imperiale fino al III secolo d.C., sono stati rinvenuti una testa femminile dormiente e il ritratto di un efebo, ora entrambi a Roma (presso il Museo Nazionale Romano).

Le origini dell'attuale abbazia benedettina risalgono agli inizi del VI secolo, allorché san Benedetto da Norcia, dopo l'esperimento di vita eremitica condotto in un antro presso l'antica villa ivi costruita da Nerone, fondò nella zona del sublacense tredici monasteri per dare ospitalità ai suoi primi discepoli, provenienti in parte dalla nobiltà romana.  In seguito (XII secolo) per iniziativa degli abati fu costruito il santuario-monastero del Sacro Speco, eretto sopra l'originaria memoria del Santo. Dei tredici monasteri fondati da san Benedetto è rimasto solo l'attuale monastero di Santa Scolastica inizialmente dedicato a San Silvestro, che vanta il titolo di Protocenobio della Congregazione Sublacense dell'Ordine benedettino. Gli altri andarono distrutti o furono abbandonati.

Nel IX secolo il monastero di Santa Scolastica subì due devastazioni da parte dei saraceni: l'una nell'828-829, l'altra probabilmente nell'876-877, anche se per questo periodo storico le ricostruzioni non sono univoche. Nel X secolo ricevette donazioni da diversi papi (Giovanni XLeone VIIGiovanni XIIBenedetto VIIGregorio V) che ingrandirono il territorio dell'abbazia. Panorama in una foto del 1880  Sempre con il favore pontificio, l'abbazia conobbe un periodo di grande splendore nei secoli XI e XII diventando feudo assai ambito per la sua potenza economica e politica. Fu probabilmente il primo luogo in Italia ad essere dotato di una pressa per la stampa di libri, fondata dai tedeschi Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz nel 1465, all'interno dell'abbazia.

Le continue lotte con le famiglie feudali portarono tuttavia alla sua decadenza. Eretta in commenda da papa Callisto III (1456), fu affidata al cardinale Giovanni Torquemada (Juan de Torquemada), zio del famoso inquisitore. Nel 1467 passò poi a Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI e, successivamente, ai Colonna (1492), ai Borghese (1608) e ai Barberini (1633). Nel 1753papa Benedetto XIV privò gli abati commendatari della giurisdizione temporale, lasciando però quella ecclesiastica e spirituale. Soppressa dai francesi (all'inizio del XIX secolo), restaurata poco dopo da papa Pio VII, l'abbazia fu reintegrata nei suoi privilegi di abbazia nullius da papa Benedetto XV (1915). Francesco Bulgarini, nel 1848 parla di contadini montagnoli «ciociari» in riferimento a dei mezzadri provenienti stagionalmente, dal circondario di Subiaco, a Tivoli, per coltivare granturco[5]. Nel 1867 Subiaco fu testimone della Campagna dell'Agro romano per la liberazione di Roma voluta da Giuseppe Garibaldi. Nel mese di ottobre vi furono trucidati in uno scontro con i pontifici il capitano garibaldino milanese Emilio Blenio ed alcuni suoi compagni[6]. I resti dei garibaldini furono traslati a cura della Società Reduci Patrie Battaglie da Subiaco nell'Ara-Ossario di Mentana come risulta da documenti conservati in archivio. Da Subiaco inoltre proveniva anche uno dei Mille, Luigi Pistoia, al quale è intitolata una piazzetta (Piazzetta Luigi Pistoia).

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LUOGHI D'INTERESSE

Stemma Communale, , Cripta Cattedrale S.Maria, Inteno della Cripta, , Campanile  della Cattedrale S.Maria ,Cattedrale S. Maria, Ingresso Cattedrale S .

 

Maria. Porta Cerere , Casa Barnekow, Porta S. Maria,  Foto Storiche Panorama Anagni

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RIONERO  IN VULTURE

Benvenuti a Rionero in Vulture

Situato a sud-est del Monte Vulture, Rionero è immerso in un paesaggio ricco e accogliente, caratterizzato da vigneti, oliveti e folti boschi. Qui la fertilità del terreno e la sua favorevole esposizione hanno consentito lo sviluppo della viticoltura, la cui massima espressione è l'Aglianico del Vulture, e dei castagneti da frutto. Secondo alcuni il suo nome deriva da "Rivo Nigro", la sorgente affiorante dal tufo pozzolanico di colore nero che attraversava il paese dividendolo in due parti, due colline, una di fronte all’altra. Anche Rionero è stato interessato dalla migrazione di esuli albanesi in fuga, sistemati inizialmente nei pressi della Chiesa di Sant’Antonio Abate, la stessa che alcuni anni dopo ospitò Louis d’Armagnac, duca di Nemours, e Consalvo Fernandez di Cordoba, comandanti, nel 1502, degli eserciti francese e spagnolo. Qui s’incontrarono per stipulare accordi relativi alla successiva spartizione del Regno di Napoli. La sua tradizione storica è legata ai nomi di Giustino Fortunato, che si occupò attivamente della Questione Meridionale, e a quello del brigante Carmine Crocco. In quest'area, caratterizzata da piccole grotte sotterranee chiamate "fac“li", si rifugiavano i briganti...La residenza originale della famiglia Fortunato, costituita dalla vecchia abitazione con l'ingresso rivolto a nord, risale alla prima metà del 1700. Era munita e circondata da vari locali (magazzini, stalle, cantine, depositi di attrezzi vari, ecc.), aveva anche un accesso monumentale su via Garibaldi, tuttora esistente, e un vasto cortile. Successivamente, quando la "fortuna" della famiglia Fortunato si accrebbe e si consolidò in averi e in prestigio e dopo l’ampliamento della Piazza del Popolo con l’abbattimento di alcuni fabbricati, nel 1882, come si apprende dalla lapide fatta apporre nell'atrio da don Giustino nel 1923, si costruì, si ampliò e si abbellì da Ernesto Fortunato. Si ebbe allora l'attuale elegante edificio a due piani con Torretta ed ampio giardino, con “la speranza rimasta vana che il casato avesse a continuare” come si evince dalle parole di don Giustino sulla lapide posta nell’androne del palazzo. Parte del Palazzo è adibita a Biblioteca, intestata all'omonimo meridionalista, ricca di importanti volumi...Il museo del BrigantaggioLa struttura nasce come Grancia del Convento “Santa Maria degli Angeli” di Atella nel 1443 e ha la funzione di masseria rurale, nonché di deposito di derrate alimentari. Con l’arrivo di Napoleone Bonaparte, la struttura viene confiscata alla Chiesa e passa nelle mani del demanio per diventare carcere e resterà tale fino al 1967. Nel corso della sua storia la struttura verrà più volte ristrutturata e rimaneggiata e tra le sue destinazioni troviamo anche quella di ospedaletto durante i periodi di malaria e i terremoti. L’edificio è dapprima sede del carcere di Atella, poiché Rionero per secoli è stata frazione di Atella e solo dopo l’autonomia comunale nel 1811, diverrà carcere di Rionero...Le cantine storiche dell'Aglianico. Laghi di Monticchio Immersi nel verde dell'area naturale protetta è possibile visitare i Laghi di Monticchio, situati sulla falda sud occidentale del Monte Vulture. I due laghi, il Lago Grande e il Lago Piccolo, occupano le bocche crateriche dell'antico vulcano. A causa della differenza di quota esistente tra i due bacini, attraverso un canale tra i due laghi, l’acqua del Piccolo defluisce nell'altro, che ha un livello più basso di circa 2 metri. Il lago Grande presenta poi un emissario che confluisce nel fiume Ofanto. Il Lago Grande è caratterizzato da una depressione a forma di imbuto a pareti molto ripide, che si apre nella metà settentrionale, mentre in quella meridionale presenta un basso fondale che degrada dolcemente verso la depressione. Oltre i 10 metri di profondità la sua temperatura rimane pressoché costante sotto gli 8°C. Il Lago Piccolo è un lago “meromittico”: l’immissione in profondità di acque sorgive, calde e ricche di sali minerali, fa sì che, a causa dell’elevata densità, le acque di fondo, malgrado la loro temperatura elevata, non si mescolino con quelle superficiali...  Simbolo enologico della Basilicata, l’Aglianico, vitigno tardivo che ha bisogno di lungo tempo e climi adatti per arrivare a giusta maturazione, ha trovato un habitat ideale sui terreni di un vulcano spento da millenni: il Vulture. Il monte alto 1326 metri si innalza austero e solenne nella punta a nord della regione al confine con Puglia e Campania... Le cantine, questi antri naturali scavati nel tufo vulcanico, grazie ad un perfetto e naturale equilibrio di temperatura, umidità costante e ventilazione, garantiscono condizioni eccezionali di affinamento dei vini Aglianico del Vulture, che vi riposa all’interno di barrique di rovere francese. Tutte collegate tra loro, le grotte si sviluppano nel sottosuolo del paese, creando un percorso sotterraneo di grande suggestione.  Abbazia di San Michele - Laghi di Monticchio Nello splendido scenario naturalistico offerto dai due bacini lacustri di Monticchio, sorge l’Abbazia di San Michele Arcangelo. L’Abbazia fu costruita nell’VIII sec d.C. nel luogo in cui sorgeva una grotta, scavata nel tufo, abitata dai monaci basiliani. Oggi fanno parte del complesso un convento a più piani, una chiesa settecentesca e la cappella di San Michele arcangelo. La grotta dell’Angelo dedicata a san Michele è adornata da affreschi risalenti alla metà dell’XI secolo ed era il luogo dove si riunivano in preghiera i monaci italo-greci che anticamente abitavano la zona. Nel corso dei secoli l’Abbazia ha visto il susseguirsi di diversi ordini monastici, infatti vi sono stati prima i Benedettini, poi gli Agostiniani ed infine i Cappuccini. La stessa struttura dell’edificio di culto ha subito nel tempo varie modifiche. I recenti restauri del complesso hanno ulteriormente modificato il santuario e l’area adiacente. Nella chiesa sono state rimosse tutte le decorazioni barocche; è stata riportata alla luce la gradinata di collegamento tra la chiesa e l’edicola dell’Arcangelo mentre, dopo la demolizione della volta è stata costruita una copertura a capriate in cemento armato. Molto attraente è la vista che si gode direttamente dalla chiesa dei laghi di Monticchio, ciò è stato reso possibile grazie all’apertura della facciata tardo-medievale del santuario lungo il corridoio che collega la foresteria al convento. Infine un piccolo ambiente, collegato alla navata laterale sinistra, è stato trasformato in cappella per conservarvi l’altare maggiore rimosso dal presbiterio dopo la distruzione della decorazione barocca.

Castello Normanno-Svevo Melfi  Il castello di Melfi sorge sopra una collina di origine vulcanica e sovrasta sia il centro storico che tutta la nuova zona abitata. Esso presenta ancora la cinta muraria che stringeva, in una difesa compatta e invalicabile, tutto il borgo cittadino dell'epoca. Il sistema difensivo del castello era costituito da un fossato, da uno spalto e da una cinta con torri. Gli ingressi alla costruzione, che si possono ancora scorgere, sono quattro, tre dei quali costruiti in epoca angioina. Il primo ingresso è rivolto verso le campagne e cioè verso nord. Il secondo, che oggi è murato, è diretto verso sud e permetteva l'accesso al paese e nel fossato del castello stesso. Il terzo accesso era praticamente un accesso di servizio per le guardie cittadine che vigilavano gli spalti correnti sulle mura, anch'esso ora murato, aveva la sua apertura dalla torre della chiesa e dava accesso diretto allo spalto. Il quarto, quello sicuramente più riconoscibile, che poi è quello che ai giorni nostri dà l'accesso al castello di Melfi, era una volta legato ad un ponte levatoio oggi in opera muraria, venne aperto successivamente all'epoca angioina. Il castello è circondato da dieci torri, delle quali sette a pianta rettangolare e tre a pianta pentagonale. Partendo con lo sguardo dall'accesso angioino rivolto a Nord Est le torri hanno vari nomi... Il museo è ospitato all'interno del castello normanno-svevo. Esso conserva le testimonianze relative allo sviluppo culturale dei siti indigeni dell'area del melfese durante il periodo preromano. Al periodo arcaico sono pertinenti corredi funerari con ceramiche a decorazione geometrica di produzione locale, resti di ornamenti e materiale di importazione dalle colonie greche e dall'Etruria...

Castello di Lagopesole  «L’abbondanza tende ad abbagliare anche le menti più sagge» affermava Federico II di Svevia. Ma come non farsi abbagliare dall’abbondanza del suo castello di Lagopesole? Noi lo crediamo impossibile!  Lagopesole ospita uno dei più grandi e maestosi castelli federiciani, fatto realizzare dall’Imperatore tra il 1242 e il 1250, con la funzione di dimora estiva e di caccia, per ospitare gli ozi della corte di Federico II. Sorto a 800 metri sul livello del mare, sovrasta l’intera Valle di Vitalba, congiungendo le attuali zone del Vulture-melfese e del potentino, e diventato portum Montis Vulturis, una sorta di accesso al monte Vulture, custode dei segreti di uno degli Imperatori più affascinanti della storia. Fu proprio la geografia del luogo a convincere Federico II ad ampliare la preesistente roccaforte normanna per trasformarla nella sua residenza estiva, approfittando del fitto bosco che circonda la zona, perfetto per praticare l’arte della caccia con il falcone, sua attività prediletta.

Si narra che questo straordinario castello contenga circa 365 stanze, quanti sono i giorni dell’anno, ma tra queste, una sia inaccessibile e introvabile. Soltanto la notte di Natale la sua porta si apre per qualche secondo, svelando il suo interno: un vero e proprio tesoro rappresentato da una gallina dalle uova d’oro in grado di arricchire chiunque la trovi. Il castello è ricco di elementi geometricamente perfetti: ha una forma rettangolare, è diviso in due corti su cui si affacciano gli ambienti articolati su due piani e presenta agli angoli quattro torri quadrate. Rettangolare è anche il suo grande cortile interno, al quale si accede tramite una galleria con volta a botte preceduta da un imponente portone. Dal cortile è possibile vedere il particolarissimo portale a zig zag della chiesa palatina, con una sola navata, l’abside semicircolare e dei meravigliosi affreschi di figure sante risalenti al XI   Castello di Venosa

Il castello di Venosa, costruito tra 1460 e 1470, sorge su una preesistente cattedrale romanica e oggi, imponente, domina il centro storico della città oraziana ospitando al suo interno il Museo Archeologico Nazionale. Il nuovo fortilizio voluto dal duca Pirro del Balzo nasce come importante tassello di un nuovo progetto urbanizzazione e fortificazione intorno alla città oraziana. Del castello di Venosa è possibile ammirare quattro torri cilindriche, che segnano gli angoli della pianta quadrangolare, un profondo fossato e un ampio cortile circondato da un loggiato rinascimentale. Di qui si passa nella Biblioteca comunale e nei due saloni di rappresentanza, con volte dipinte da soggetti allegorici nel XVIII secolo, mentre dall’androne si accede al camminamento. L’interno della galleria seminterrata del castello di Venosa in parte ospita il Museo Archeologico Nazionale che raccoglie la documentazione di età romana, tardo antica e altomedioevale della città e del suo territorio...

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LUOGHI D'INTERESSE

1 ) Basilica  Rionero in Vulture  2) Foto storica  , donne che fanno il bucato nella fontana di Rionero in Vulture 3) Chiesa della Santissima Annunziata
4)Panorama Rionero in Vulture 5) Laghi di Monticchio 6) L'unilabor " E. Cervellino 7) Foto Notturna Rionero in Vulture  8)Lago di Monticchio 9) Rionero in
Vulture Vista aerea 10) Rionero in Vulture Panorama  11) Piazetta Sant'Ilario 12) Castello di Venosa 13) Cantine Storiche dell'Aglianico 14)  Il Borgo delle 
Ac
que Minerali 15) Rionero in Vulture innevato  16)Foto d'epoca di Rionero in Vulture9
 

L'AQUILA

Benvenuti nella città dell'Aquila

L’Aquila è un comune italiano di 69.419 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Abruzzo. Altitudine 714 m, superficie 479,91 km quadrati. Una città ricca di storia, con panorami e paesaggi da dipingere, della quale riportiamo di seguito brevi cenni,  dalla nascita ad oggi, inerenti il  territorio, i monumenti della città,  sino alle ultime “ tragedie “che hanno colpito tutto il territorio della regione Abruzzo, compresa la città stessa. Già nel 1398  si registrarono eventi sismici  che colpirono  il territorio, ripetutisi poi nel 1423, nel 1456, nel 1461/1462,  nel 1703 e, l’ultimo più recente del 2009 che ha messo in ginocchio tutto il territorio provocando tanti danni e morti; tutti eventi sismici in cui l'intera regione è stata purtroppo coinvolta nel corso dei secoli . Il tempo passa e la  storia ci porta sino ad oggi con la rinascita di tutto il territorio e il rifacimento di tanti monumenti e palazzi storici danneggiati.  L'Abruzzo e la città, da anni, combattono per dar vita ad un nuovo ciclo , ricostruendo tutte quelle parti del territorio che il terremoto del 2009 ha distrutto. L'Aquila sta rinascendo, nonostante la complessità della situazione da tanti fronti, e ritornerà ad essere terra ricca di paesaggi bellissimi, immersa fra mare e montagna distanti tra loro pochissimi km, unico territorio che consente di godere di tale opportunità, e di poter continuare ad apprezzare il prodotto culinario per eccellenza, gli arrosticini di pecora.  La storia inizia con gli insediamenti nell'età del bronzo e la definitiva fondazione, a opera di Corrado IV tra il 1254 e il 1266. L'Aquila (allora nota semplicemente come Aquila) fu una delle grandi città del Regno di Napoli, poi Regno delle due Sicilie, successivamente passò al Regno d'Italia e quindi all'Italia. Capitale storica dell'Abruzzo divenne, con l'unità d'Italia, capoluogo dell'Abruzzo-Molise, poi Abruzzo. Il territorio dove sorge L'Aquila era abitato fin da tempi più antichi. Prima della conquista da parte di Roma, tutta la valle dell'Aterno è stata luogo di insediamento dei Sabini e dei Vestini, i cui territori confinavano proprio nel punto dove in futuro sorgerà la città. Testimonianza più antica di civiltà nell'aquilano è la cosiddetta Necropoli di Fossa (antico sito dell'italica Aveia), un insieme di tombe risalenti al X secolo a.C. situate a sud della città. Dal punto di vista monumentale, si segnalano la Basilica di Collemaggio, un edificio religioso sito appena fuori la cinta muraria, sull’omonimo colle. Fondata nel 1288 per volere di Pietro da Morrone — qui incoronato papa con il nome di Celestino V il 29 agosto 1294 — è considerata la massima espressione dell'architettura abruzzese, oltre che il simbolo della città ed è stata dichiarata monumento nazionale nel 1902. Dal 1327 ospita le spoglie del pontefice, attualmente conservate all'interno del mausoleo di Celestino V, realizzato nel 1517 ad opera di Girolamo da Vicenza, maestro di Andrea Palladio, Emiciclo sede del Consiglio Regionale. L'Emiciclo, per esteso Palazzo dell'Emiciclo, noto anche come Palazzo dell'Esposizione, è un complesso monumentale dell'Aquila, sede del Consiglio regionale dell'Abruzzo. L'area compresa dentro le mura dell'Aquila a sud dell'attuale Viale Luigi Rendina — storicamente suddivisa nei locali di Monticchio, Fontecchio e Fossa — rimase quasi interamente inedificata per diversi secoli dopo la fondazione della città. Gli unici edifici di cui si ha debole documentazione sono le scomparse chiese di Sant'Andrea, di Santa Maria a Graiano e di Santa Maria ai Quattro Coronati. Il terremoto dell'Aquila del 2009 ha danneggiato gravemente l'intero complesso, con danni localizzati soprattutto alle estremità del porticato e nell'ex navata della chiesa. L'Emiciclo è stato quindi oggetto di un radicale progetto di ricostruzione e miglioramento sismico, per un importo di circa 8,8 milioni di euro, approvato dal Consiglio regionale dell'Abruzzo nel 2012; i lavori hanno avuto inizio l'11 gennaio 2016 e si sono conclusi due dopo; l'Emiciclo è stato riaperto al pubblico il 22 giugno 2018. L'intervento ha permesso la realizzazione di una nuova fondazione al di sotto del complesso e la posa in opera di 61 isolatori sismici; si tratta del primo palazzo pubblico in Italia ed uno dei primi in Europa ad adottare una soluzione antisismica di questo tipo. Piazza Duomo, anche nota come Piazza del Mercato, è la maggiore e la più importante delle piazze dell'Aquila. Cuore del potere religioso, in antitesi con piazza del Palazzo, sede invece del potere politico, è il centro sociale e culturale della città, nonché punto d'incontro degli aquilani e sede dei principali eventi cittadini. Ospita inoltre, dal 1303, il mercato cittadino. Le sue notevoli dimensioni — 140 metri sul lato lungo e 70 metri su quello corto, per un totale di circa un ettaro d'ampiezza — la rendono una delle piazze urbane più grandi d'Italia. Chiesa di S. Maria del Suffragio, popolarmente detta chiesa delle Anime Sante, è un edificio religioso dell'Aquila. Edificata a partire dal 1713 in suffragio delle vittime del terremoto del 1703, costituisce il simbolo della ricostruzione settecentesca della città e rappresenta la massima espressione dell'architettura religiosa aquilana nel XVIII secolo. È rimasta gravemente danneggiata dal terremoto del 2009 ed è stata sottoposta a lavori di restauro e consolidamento, venendo riaperta al pubblico nel 2018. Divide con la cattedrale dei Santi Giorgio e Massimo lo spazio di piazza del Duomo. Il Duomo, La cattedrale metropolitana dei Santi Massimo e Giorgio è il principale luogo di culto dell'Aquila, sede vescovile dell'omonima arcidiocesi metropolitana. Edificata nel XIII secolo, venne gravemente danneggiata dal terremoto del 1703 per essere successivamente restaurata nel XIX e nel XX secolo. Nel 1902 è stata inserita nell'elenco dei monumenti nazionali italiani poi ratificato con un Regio Decreto nel 1940. Basilica di S.Bernardino da Siena , è un edificio religioso dell'Aquila, situato nel quarto di Santa Maria. Venne costruita, con l'adiacente convento, fra il 1454 e il 1472 in onore di san Bernardino da Siena, le cui spoglie sono custodite all'interno del mausoleo del Santo realizzato a opera di Silvestro dell'Aquila. La facciata, eretta nel secolo successivo da Cola dell'Amatrice con influenze michelangiolesche, è considerata la massima espressione dell'architettura rinascimentale in Abruzzo. L'interno, in stile barocco, è dovuto alla ricostruzione dell'edificio in seguito al terremoto del 1703 a opera di più progettisti — tra i quali sicuramente Filippo Barigioni, Sebastiano Cipriani e Giovan Battista Contini — e conserva importanti opere d'arte di Andrea della Robbia, Francesco Bedeschini, Pompeo Cesura, Rinaldo Fiammingo e Donato Teodoro, oltre al già citato Silvestro dell'Aquila, autore anche del mausoleo di Maria Pereyra Camponeschi. Il soffitto in legno intagliato e ornato di oro zecchino è opera di Ferdinando Mosca. Fontana delle 99 Cannelle, (detta anche fontana della Rivera) è un monumento storico dell'Aquila. Situata nella zona della Rivera, una delle più antiche del centro storico, a ridosso del fiume Aterno, vicino alla chiesa di San Vito alla Rivera, costituisce quasi l'intero perimetro dell'omonima piazza quadrangolare posta adiacente alle Mura urbiche, ed è costituita da novantatré mascheroni in pietra e sei cannelle singole, dalla maggior parte dei quali sgorga l'acqua: secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli del circondario che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell'Aquila.

LUOGHI D'INTERESSE

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